E se l’obiettivo principale sia “far quadrare i conti” e distribuire incentivi, invece di migliorare davvero un servizio di pubblica utilità quale il trasporto pubblico locale?

Mi sottopongono tanti documenti che elencano sistemi MBO, premi di risultato, welfare aziendale, progressioni di carriera e addirittura “crediti” di centinaia di migliaia di euro. Ma la vera domanda resta senza risposta: queste premialità hanno migliorato la qualità del servizio per i cittadini?

Non basta dire che il MOL (margine operativo lordo) è cresciuto o che i KPI sono stati raggiunti “quasi sempre” (e quando non lo sono, dare la colpa a “cause esterne”). La performance di un’azienda che eroga un servizio pubblico essenziale, quale il TPL, dovrebbe essere misurata con parametri chiari e oggettivi per l’utenza:

• meno corse soppresse;
• più puntualità;
• maggiore affidabilità dei veicoli;
• migliore pulizia e sicurezza;
• soddisfazione reale dei passeggeri.

Giusto per citarne i più significativi.

Se questi indicatori non migliorano, il premio diventa un regalo — pagato con risorse pubbliche — e rischia di essere percepito come un automatismo scollegato dall’interesse generale.

La vera sfida non è inventare sempre nuovi sistemi di bonus, ma garantire che ogni euro erogato in incentivi produca un ritorno misurabile per chi ogni giorno sale su un treno o un autobus.

Performance non è “fare contenti tutti”, ma fare meglio il servizio per tutti.